Bestia di gioia
Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia, Einaudi, Torino 2010, pp. 32-33
Ciò che non muta
io canto
la nuvola la cima il gambo
l' offerta il dono la rovina
apparente d'acqua che tracima
di tempesta e di onde.
Io canto il semplice del grano
e del pane la stessa festa che si tiene
fra le rose a maggio, la corsa
della rondine e il coraggio
dell' animale nella tana
quando gli esce il nato fra le zampe.
E il silenzio fra rami immobili
il mistero della pioggia nel bosco
e altre cose che sempre
si cantarono. Io le canto a voi
vivi con me ora sull'orlo
mentre sferragliano veleno
fra idoli potenti e gracili
nella cospirazione del bene
battagliati fra le catene
d' una dittatura che impera.
Noi non adoreremo le sue merci.
Non piegheremo la schiena
alla sua greppia.
La nuvola piuttosto adoreremo
che è maestra di scorrerie per il cielo
e di alta impermanenza, e di esistenza
senza peso. Piuttosto la foglia
che sa mollare la presa
o il sasso concentrato in un'intesa
di ere, o le preghiere della legna
col suo ardore di fuoco.
O il fuoco. Adoreremo
ciò che in tutto non muta e si offre quieto
al grande gioco delle sostanze.
La forza dirigente del respiro.
La spinta acuta che lo diffonde.
Misteriosa forza che sospende
quando è ora.